Premessa

Prima di affrontare, in Italia ed in Europa, la questione dinastica, occorre predisporsi a comprendere che esistono molteplici differenze tra le Case Reali d’Europa e quelle del resto del mondo e ciascuna Casata segue le proprie leggi dinastiche di successione, ciascuna assolutamente valida e incontestabile in quanto parte della tradizione della Famiglia e non soggetta ad altri ordinamenti.

Molti studiosi europei tentano di ricondurre ogni singola Dinastia del pianeta all’interno di sistema dinastico europeo, ma questo, oltre ad essere inapplicabile, è un esercizio del tutto inutile proprio in considerazione del fatto che la legge dinastica di una Casata è una delle cosiddette “proprietà intangibili” e, come scrive il Dott. Raimondo Jannitti-Piromallo, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione in Gazzetta Araldica e Genealogia n. 7 del 12 dicembre 1954 (solo per citare una delle innumerevoli e autorevoli fonti), deve essere sempre tenuto presente che:

“La Sovranità è una qualità perpetua, indelebilmente connessa e legata nei secoli a tutta la discendenza di colui che per primo la conquistò o la reclamò, e si realizza nella persona fisica del Capo di Nome e d’Armi della Dinastia, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione o indagine di natura politica, giuridica, morale o sociale che si possa fare su di lui, e che, come insegna la storia, non può influenzare la sua qualità sovrana”.

Nel saggio “Resolution of Monarchical Successions under International Law” (The Augustan, Vol. XVII, number 4, p. 977) il Professor Stephen P. Kerry Baca, a proposito della Competenza del Diritto Internazionale, scrive che:

“Di volta in volta sono sorte questioni riguardanti la successione a varie corone, dignità e diritti ereditari. Queste questioni sono squisitamente giuridiche e dovrebbero essere risolte attraverso la corretta applicazione delle Leggi Dinastiche di ciascuna famiglia”.

Quasi tutte le Case Reali d’Europa hanno tra loro un legame di sangue, quindi anche leggi dinastiche molto simili che regolano le successioni. Di solito, viene applicata la legge della Primogenitura. Alcune Case considerano i matrimoni Morganatici come limitazione dei diritti reali. Altri applicano la legge salica che invalida i diritti della linea femminile. Tutti questi aspetti possono e devono essere considerati per un serio e metodologico studio del metodo di successione delle casate europee.

Inoltre, la maggior parte delle Case Reali d’Europa ha governato fino a tempi molto recenti. Questo rende più facile capire non solo la legalità di una successione dinastica, ma anche le minuzie genealogiche per la successione. Esse hanno anche stabilito un piccolo numero di Principi e Principesse riconosciuti in ciascuna Casa Reale, limitando così considerevolmente il numero di candidati nella linea di successione.

Quanto sopra, tuttavia, non è assolutamente applicabile al mondo intero. Le leggi di successione sono plurali.

Per fare un esempio insolito, nel Regno del Ghana, il successore non proviene dai discendenti diretti del re, ma dalla progenie maschile della sorella del re. Questa antica tradizione nasce dal fatto che il re poteva dubitare che la prole della sua compagna fosse certamente sua. I figli di sua sorella, invece, hanno con certezza il sangue della sua famiglia e per questo i successori venivano e vengono da quella linea parentale. È evidente che una legge dinastica simile è incomprensibile per le dinastie europee e non può essere ricondotta a nessuna di esse, tuttavia nessuno al mondo può negare il titolo di Principe Ereditario o di Re del Ghana se questi è stato scelto all’interno e secondo le norme della sua tradizione famigliare.

Un’altra difficoltà per gli studiosi europei è come stabilire chi sia il legittimo pretendente su centinaia di eredi legittimi di una monarchia che ha governato molti secoli fa.

Come esempio pratico citiamo qui la Legge di Successione dell’Arabia Saudita, che è un Regno molto giovane essendo stato fondato nel 1932. Questo Regno, come molti regni arabi, utilizza la legge della cosiddetta “Rotazione”, ovvero il successore del Re viene scelto all’interno di una larga platea di Principi che abbiano un qualunque grado di parentela diretta con il Re Fondatore. Non è affatto rilevante che questi siano figli, fratelli, nipoti o pronipoti, purchè siano discendenti diretti, maschi e di religione islamica.

La Famiglia Reale saudita ha migliaia di membri e centinaia di principi. Le stime più accreditate contano il loro numero in circa 7.000 tutti potenziali candidati al trono, con la maggior parte del potere e dell’influenza esercitata dai circa 200 Principi discendenti del re Abdul Aziz.

Il 20 ottobre 2006, con un regio decreto, il re Abdullah bin Abdul-Aziz ha creato una limitazione alla successione annunciando la creazione di un Comitato di Principi per votare sulla “vitalità” dei re e la candidatura dei principi ereditari nominati, chiarendo e definendo la linea di processo di successione di Al Saud. Non c’erano regole specifiche prima del 2006, proprio come in qualsiasi altra successione monarchica araba. L’unica legge obbligatoria era che l’erede doveva essere maschio e consanguineo al re Abdul Aziz. Non aveva alcuna valenza la primogenitura o l’anzianità.

I figli di Abdul Aziz sono stati, finora, gli unici candidati al trono o principi ereditari autorizzati. Tuttavia, a causa dell’invecchiamento di questa platea di Principi Ereditari (ci sono circa 22 figli viventi tra i 60 e gli 80 anni) un decreto di re Fahd ha ampliato i candidati per includere la progenie maschile dei figli di re Abdul Aziz. Questo ha ampliato il pool a oltre 150 candidati idonei all’interno del quale il Comitato di Principi può selezionare il Principe Ereditario e futuro Re di Al Saud, anche se non molti di loro avrebbero il consenso della famiglia e la competenza per regnare.

Pur avendo istituito un sistema selettivo, i candidati alla successione sono esattamente in sintonia con il vecchio sistema tribale. È obbligatorio soltanto riconoscere la parentela maschile e di sangue con l’ultimo Re.

A seconda delle circostanze, il successore potrebbe essere il figlio maggiore o minore del re, il fratello minore, il nipote o anche il cugino.

Ora, il Regno Saudita è stato fondato nel 1932, ha meno di 100 anni e ad oggi sono circa 150 i candidati idonei alla successione per la loro parentela con un unico Re. Il primo regno ghassanide durò oltre 400 anni. Se assumiamo di aver avuto solo due candidati eleggibili per la successione (una cifra davvero impossibile e modesta) quando il Regno fu destituito nel 636 d.C., applicando il principio matematico esponenziale e considerando una nuova generazione ogni 20 anni, al termine degli quasi 5 secoli del primo regno Ghassanide avremmo avuto oltre un milione di candidati legittimi. Provate a fare il calcolo del numero di eredi e potenziali candidati a distanza di 15-17 secoli di storia.

Il fatto che esistano innumerevoli candidati potenziali non limita in nessun modo la possibilità che il diritto stesso possa essere rivendicato legittimamente da ciascuno di loro, anche dopo così tanti secoli.

Inoltre, nel caso specifico della Dinastia Ghassanide, i legittimi pretendenti furono ristretti ad un’unica famiglia poiché è documentato che gli sceicchi di El Chemor sono i discendenti diretti del re Jablah Abu Chemor, ultimo Re del primo Stato Ghassanide, e furono riconosciuti dai vicini poteri come i legittimi eredi dei re Ghassanidi che governano due principati nel nord del Monte Libano per circa 500 anni.

Si legga: Padre Ignatios Tannos El-Khoury, Historical Scientific Research: “Sheikh El Chemor Rulers of Al-Aqoura (1211-1633) and Rulers of Al-Zawiye (1641-1747)” Beirut, Libano, 1948.

Nella conclusione del volume si legge, ad esempio, che “Questa è la storia degli sceicchi della famiglia Chemor che sono governanti feudali, una vera progenie dei figli dei re Ghassan del Levante… una delle famiglie più rispettabili, antiche e nobili del Libano. (p.125)

La Legge di Successione Ghassanide

Fin dai tempi delle antiche tribù arabe, la Dinastia Ghassanide ha adottato il sistema chiamato “rotazione”.

L’erede al trono veniva scelto tra i discendenti maschi del primo Re Ghassanide per le sue qualità, quali: forza fisica, nobiltà, intelligenza, popolarità, capacità di governo. È interessante notare che se la nobiltà di linea materna fosse stata maggiormente rilevante, quel candidato avrebbe avuto maggiori possibilità di essere nominato Re. Quindi i figli maschi delle figlie o delle nipoti del fondatore avevano legittimi diritti di successione al trono.

Joseph A. Kechichian in “Successione in Arabia Saudita”, 2001, p.26 scrive

“… la posizione sociale degli altri e le loro connessioni tribali spesso determinavano l’importanza dei singoli principi. In termini generali, i figli con madri di famiglie importanti … hanno credenziali politiche più forti”.

Nella successione basata sulla “rotazione” tutti i maschi della dinastia hanno, dunque, diritto alla monarchia.

Sebbene tradizionalmente, la religione da sola non era considerata un motivo di rinuncia ai diritti reali, i Re Ghassanidi avevano una legge che proibiva il matrimonio con i non cristiani. Pertanto, i discendenti ghassanidi che si convertirono all’Islam (o sposavano qualcuno di fede islamica o di altra religione), non potevano rivendicare il diritto al titolo di Capo della Casata (Prof. Dr. Yasmine Zahran, “Ghassan Resurrected”, 2006, p.149)

La successione ereditaria ghassanide, dunque, è simile a quella che vediamo oggi nelle monarchie mediorientali. L’unica legge obbligatoria è che il sovrano deve essere un parente maschio dell’ultimo monarca regnante. Non esiste una Legge salica “ermetica” o Successione agnatica, che limita l’eredità a un trono o feudo ai soli eredi discendenti diretti per linea maschile dall’originario titolare, escludendo ad esempio i discendenti delle linee femminili, e neanche l’anzianità o la primogenitura tra i figli di un monarca o capo di una famiglia è tenuta in considerazione.

Sempre Joseph A. Kechichian, scrive:

“Successione in Arabia Saudita”, 2001, p.10 scrive “In Europa, dove fiorirono le dinastie, un tempo la successione era determinata da una dimostrazione di forza tra i figli di un sovrano. Col tempo, tuttavia, si ricorse alla primogenitura, in cui il discendente maschio più anziano di un sovrano saliva al trono. Per una serie di ragioni, principalmente a causa delle tradizioni religiose e tribali, la Primogenitura non si è sviluppata tra le dinastie arabe nello stesso modo, soprattutto perché secondo la legge della Shariah (ma del resto anche nel Cristianesimo), tutti i figli di un uomo sono uguali e legittimi, anche se sono nati da matrimoni illegittimi. Inoltre, nelle norme tribali preislamiche il trono poteva essere passato da una generazione all’altra all’interno di una particolare famiglia, non necessariamente da padre in figlio. Piuttosto, l’autorità spettava al fratello, allo zio o al cugino di un sovrano, a seconda di quale di questi parenti maschi più anziani fosse visto possedere “le qualità della nobiltà”, le abilità nell’arbitrato, la “buona fortuna” e la capacità di comando”.

Pertanto, ci possono essere molti candidati e nessun mezzo – né osservato né formale – per arbitrare definitivamente tra i vari pretendenti, se non attraverso il riconoscimento del successore da parte delle figure più riconosciute e rappresentative di quella Casata.

Per maggior comprensione riportiamo di seguito alcuni esempi a noi molto vicini:

  • In Giordania, per la maggior parte del suo regno, re Hussein I (1935-1999) designò come suo successore il fratello minore, “all’epoca” il principe ereditario Hassan (1947- ), ma poco prima della sua morte cambiò testamento in favore del figlio, l’attuale re Abdullah II. Questo è un perfetto esempio di rotazione.
  • In Kuwait Emir Mubarak I (1837-1915) ebbe 12 figli, incluso il suo successore, Emir Jaber II (1860-1917). Dopo il suo regno, regnò il fratello minore Emir Salem I (1864-1921). Il suo successore non fu il figlio maggiore, ma suo nipote Emir Ahmed I (1885-1950). Il successore di Ahmed fu suo cugino Emir Abdullah III (1895-1965). Il successore di Abdullah fu il fratello minore Emir Sabah III (1913-1977). Il successore di Sabah fu suo cugino di 3° grado Emir Jaber III (1926-2006) che tra l’altro era terzogenito. Il suo successore fu suo cugino Emir Saad (1930-2008) e il suo erede fu Emir Sabah IV (1929-). Sebbene abbia 3 figli, il suo successore attualmente è il suo terzo fratello più giovane, il principe ereditario Sheikh Nawaf (1937-).
  • In Arabia Saudita il re Ibn Saud (1876-1953) fondò il regno nel 1932 e regnò fino al 1953. Il suo successore fu suo figlio, il re Saud Bin Abdul Aziz (1902-1969). Dopo di lui, suo fratello re Faisal (1904-1975) regnò fino al suo assassinio. Gli successe il fratello Khalid (1913-1982) e dopo di lui regnò l’altro fratello Fahd (1921-2005). L’attuale re è Abdullah Bin Abdul Aziz (1924-) e il suo erede è il fratello minore, il principe ereditario Sultan (1926-). La Legge fondamentale del governo del 1992 afferma che il re deve essere un discendente maschio del re Ibn Saud. Recentemente, con un decreto reale dell’ottobre 2006, i futuri re sauditi saranno selezionati da un comitato di principi sauditi. Questo meccanismo è un ritorno dell’usanza tribale araba di selezione come sopra citato.
  • In Qatar lo sceicco Hamad Al Thani fece suo successore il figlio più giovane, lo sceicco Khalifa, deposto da suo figlio nel 1995.
  • A Dubai lo sceicco Maktoum (1943-2006) ha governato dal 1990 fino al 2006. Il suo successore fu suo fratello Sheikh Mohamed (1949-) e pur avendo altri fratelli, ha indicato come suo successore, suo figlio, il principe ereditario Hamidan (1982-).
  • Ad Abu Dhabi lo sceicco Sultan (1881-1926) regnò dal 1922 al 1926 e il suo successore fu suo fratello lo sceicco Saqr (1887-1928). Il suo successore fu suo nipote Sheik Shakhbut (1905-1989). Il successore di Shakhbut fu suo fratello Sheikh Zayad (1918-) e il suo successore fu suo figlio Sheikh Khalifa (1948-). Il suo erede è già stato scelto, suo fratello, il principe ereditario Sheikh Mohammed (1951-).
  • In Oman Sayyid Turki (1832-1888) fu sultano dal 1871 al 1888 e il suo successore non fu il figlio maggiore, ma il sultano Sayyd Faisal (1864-1913).

Nel rispetto della tradizione dinastica della Casata Ghassanide, dunque, il Capo di Nome e d’Arme deve essere un maschio discendente da uno qualsiasi dei rami della famiglia dell’ultimo sovrano e deve essere riconosciuto come tale dai membri più autorevoli della Casata. Ed ovviamente, come universalmente accettato, non vi è alcuna limitazione relativa al tempo trascorso dal regno dell’ultimo sovrano.

Citando una sentenza del Tribunale dell’Italia Repubblicana (Tribunale di Vico Del Gargano, Repubblica Italiana sentenza numero 217/49)

“è irrilevante se quella famiglia imperiale non regna più da secoli, perché la deposizione non lede le prerogative del sovrano. In sostanza, il Sovrano non cessa di essere Re, anche vivendo in esilio o a vita privata (senza rivendicare la sua sovranità), perché le sue prerogative sono, esse stesse, per nascita e non si estingueranno, ma restano e sono trasmesse nel tempo, di generazione in generazione”.

Tra l’altro, è da ricordare che le sentenze dei tribunali come la precedente sono giuridicamente vincolanti in tutti i paesi che hanno firmato la Convenzione di New York sull’arbitrato del 1958; in altre parole, quasi tutti i paesi membri delle Nazioni Unite.

La questione del Congresso di Vienna

Molti, in Italia ed in Europa,  riconoscono le prerogative dinastiche a quelle Case regnanti o ex-regnanti il cui rango sovrano era internazionalmente riconosciuto al tempo del Congresso di Vienna del 1814 o successivo, le quali esse soltanto conserverebbero la loro piena validità storica cavalleresca, nobiliare e sociale, nonostante tutti i mutamenti politici. Per queste Casate è quindi considerato ultra vires di qualsiasi Stato repubblicano interferire, per legislazione o prassi amministrativa, con la Famiglia Dinastica Principesca o con gli Ordini della Casata.

Ma è del tutto arbitrario applicare questo principio al resto del mondo. Se così fosse, infatti, i regni africani o l’Impero del Giappone o regni in Estremo Oriente o nel Sud Est Asiatico e così via non avrebbero alcuna legittimità. D’altro canto non può essere considerato valido neanche in Europa, altrimenti, secondo tale tesi, famiglie come i Medici non avrebbero titolo per veder riconosciuti il proprio ruolo nella storia.

Tale atteggiamento è di per sé stesso una arbitraria ed illegittima limitazione alla Sovranità di quella Casata. Tant’è che questa posizione è totalmente rigettata da inequivocabili sentenze e da netti ed autorevolissimi giudizi.

Per restare in Italia, ad esempio, secondo l’ex presidente della Suprema Corte di Cassazione italiana, il prof. Dr. Renato de Francesco

“… È semplicemente ridicola, da un punto di vista giuridico, la distinzione che si intendeva fare sulle Dinastie che hanno regnato fino a poco tempo fa da quelle che hanno governato nel lontano passato. Non si capisce come si possano gettare al vento numerose pagine di storia solo per dare lustro a questa o quella famiglia, che, aiutata dalla fortuna, è riuscita a rimanere sul trono, dopo l’anno 1815. Una dinastia o regnava o no. Se regnava, anche in tempi remotissimi, merita il trattamento storico e giuridico di dinastia e tutti i suoi effetti”.

Quanto sopra è confermato dal professor dr. W. Baroni Santos, dell’Università di Reims in Francia nel suo libro “Trattato di araldica e diritto della nobiltà” Volume II pagina 52, che scrive:

“Né il tempo trascorso, anche per secoli, né il mancato uso degli Atti di Sovranità esercitati dal Principe Pretendente, Capo di Nome e d’Arme della sua casa, possono essere derogati, prescritti o cancellati. Egli conserva questi diritti fino alla fine dei tempi ‘ad perpetuam rei tenendam’ che sono inseriti nella persona del Principe Pretendente. “

O anche dal Prof. V. Powell-Smith in “I criteri per la valutazione della validità degli ordini cavallereschi” in “Nobilitas”, Malta, 1970):

“… Non c’è alcun motivo valido, legale o altro, per limitare lo status sovrano in questo modo facendo riferimento al 1814 o a qualsiasi altra data. Il Congresso di Vienna si limitò ad attuare la sistemazione dell’Europa dopo le guerre napoleoniche, e niente di più. I sovrani di quei regni che hanno cessato di esistere prima del Congresso di Vienna hanno agito come fons honorum durante i loro regni e continueranno ad esercitare i diritti sovrani da allora in poi.”

A sostegno di quanto sopra possiamo attingere ad autori come Savaron nel “Trattato della spada”, Gaufredus nel “De bello loco”; P. Onorato do Santa Maria nella sua “Discussione storico-critica sull’antica e la moderna cavalleria”; più recentemente, Santi Romano (Legge Costituzionale-Padova-Cedam-1932); Piero Chimienti (Diritto Costituzionale-Torino-Utet-1933); Oreste Ranelletti (Istituto di diritto pubblico-Padova-Cedam-1934); Vincenzo Orsini (La giurisprudenza – Milano -Giuffrè 1936) Giovanbattista Cauca (It. Digest 1923) e Giorgio Cansacchi e Gorini Causa- Università di Torino; Bascapè-Università del Sacro Cuore di Milano.

Bascapè, solo per dare un esempio, afferma che:

“La Famiglia principesca un tempo Sovrana conserva il suo carattere dinastico e il suo capo ‘Preserva’ il titolo e gli attributi dell’ultimo monarca sconfitto, con il titolo di pretendente”.

Tali principi sono confermati dalle opinioni di illustri giuristi, come il dott. Ercole Tanturri, già Primo Presidente della Corte di Cassazione, a cui si è unito il Prof. Leonardo Puglionisi, Professore Ordinario di Diritto Canonico all’Università di Roma, e il Dott. Raimondo Jannitti-Piromallo, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione (Gazzetta Araldica e Genealogia n. 7-12 dicembre 1954) che scrive:

“La Sovranità è una qualità perpetua, indelebilmente connessa e legata nei secoli a tutta la discendenza di colui che per primo la conquistò o la reclamò, e si realizza nella persona fisica del Capo di Nome e d’Armi della Dinastia, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione o indagine di natura politica, giuridica, morale o sociale che si possa fare su di lui, e che, come insegna la storia, non può influenzare la sua qualità sovrana”.

La successione Ghassanide nel Primo Regno

  • Re Jafnah I ibn `Amr à 220-265 (Fondatore del Regno)
  • Il figlio Amr I ibn Jafnah à 265-270.
  • Il figlio Tha’labah ibn Amr à 270-287.
  • Il figlio Al-Harith I ibn Th’alabah à 287-307.
  • Il figlio Jabalah I ibn al-Harith I à 307-317.
  • Il figlio Al-Harith II ibn Jabalah “ibn Maria” à 317-327
  • il figlio Al-Mundhir I Senior ibn al-Harith II à 327-330 con
  • il fratello Al-Aiham ibn al-Harith II à 327-330 con
  • il fratello Al- Mundhir II junior ibn al-Harith II à 327-340 con
  • il fratello Al-Nu`man I ibn al-Harith II à 327-342 con
  • il fratello Amr II ibn al-Harith II à 330-356 con
  • Il fratello Jabalah II ibn al-Harith II à 327-361
  • Il nipote Jafnah II ibn al-Mundhir I à 361-391 con
  • suo fratello Al-Nu`man II ibn al-Mundhir I à 361-391
  • Il cugino Al-Nu`man III ibn ‘Amr ibn al-Mundhir I à 391-418
  • Il figlio Jabalah III ibn al-Nu`man à 418-434
  • Il cugino Al-Nu`man IV ibn al-Aiham à 434-455 con
  • il fratello Al-Harith III ibn al-Aiham  à 434-456 con
  • il figlio Al-Nu`man V ibn al-Harith à 434-453.
  • il figlio Al-Mundhir II ibn al-Nu`man à 453-472 con
  • il fratello Amr III ibn al-Nu`man à 453-486 con
  • Il fratello Hijr ibn al-Nu`man à 453-465
  • Il figlio Al-Harith IV ibn Hijr à 486-512
  • Il figlio Jabalah IV ibn al-Harith à 512-529
  • Il cugino Al-Amr IV ibn Machi (Mah’shee) à 529
  • il cugino Al-Harith V ibn Jabalah à 529-569
  • Il figlio Al-Mundhir III ibn al-Harith à 569-581 con
  • il fratello Abu Kirab al-Nu`man ibn al-Harith à 570-582
  • il cugino Al-Nu’man VI ibn al-Mundhir à 581-583
  • il cugino Al-Harith VI ibn al-Harith à 583
  • il figlio Al-Nu’ man VII ibn al-Harith Abu Kirab à 583-?
  • il cugino Al-Aiham ibn Jabalah à ?- 614,
  • il fratello Al-Mundhir IV ibn Jabalah à 614-?
  • il fratello Sharahil ibn Jabalah à ?-618
  • il fratello Amr IV ibn Jabalah à 618-628.
  • il cugino Jabalah V ibn al-Harith à 628-632
  • il cugino Jabalah VI Abu Chemor ibn al-Aiham à 628-638 (ultimo sovrano del Primo Regno)

Dopo il Primo Regno

Il re Jabalah ibn-al-Aiham trovò rifugio sotto la protezione dell’Impero Bizantino e stabilì una forte presenza ghassanide in Anatolia

“Sebbene si sappia poco delle attività di Jabalah dopo la sua emigrazione in Anatolia, il suo posto nella storia dei Ghassanidi nel periodo bizantino medio è importante, poiché fu lui a stabilire una forte presenza ghassanide nell’Anatolia bizantina, che durò per molti secoli .”

Prof. Irfan Shahid, Festschrift “Il mondo islamico – Dai tempi classici ai tempi moderni”, per Bernard Lewis, Darwin Press l989, pg. 325

È anche noto che dopo la caduta del suddetto primo Stato, l’impero bizantino riconobbe lo status della famiglia reale ghassanide di quello che oggi è noto come “governo in esilio”.

“Eraclio [imperatore bizantino] lo ricevette [re Jabalh Abu Chemor] con onore e gli concesse proprietà e palazzi”.

“Eraclio [imperatore bizantino] lo ricevette [re Jabalh Abu Chemor] con onore e gli concesse proprietà e palazzi”. (Professor Yasmine Zahran, “Ghassan Resurrected”, Stacey International, 2006, p. 13)

L’influenza dei Ghassanidi sull’impero durò secoli; il culmine di questa presenza fu l’elevazione di uno dei suoi discendenti, Nikephoros I al trono imperiale (dal 802 al 811) e la sua istituzione di una dinastia di breve durata che può essere descritta come la dinastia Niceforiana o Focide nel IX secolo. Ma Nikephoros non era solo un semplice discendente del re di Ghassan, rivendicò infatti la guida della dinastia Ghassanide usando l’eponimo di re Jafna, il fondatore della dinastia, piuttosto che semplicemente esprimersi discendente di re Jabalah.

“Il culmine di questa presenza fu l’elevazione di uno dei suoi discendenti alla porpora imperiale e la sua costituzione di una dinastia di breve durata che potrebbe essere descritta come la Casa di Niceforo.”

Prof. Irfan Shahid, Festschrift “Il mondo islamico – Dai tempi classici ai tempi moderni”, per Bernard Lewis, Darwin Press l989, pg. 325

“…Questa preziosa informazione proviene da Tabari; vedi Tarik (Il Cairo, 1966), VIII, 307, quando parla di [Re] Jafna, l’eponimo dei Ghassanidi, piuttosto che di [Re] Jabala”.

Come sopra, pag.334

Dopo la caduta del primo regno nel 7° secolo, diverse dinastie, sia cristiane che musulmane, governarono affermando di essere una continuazione della Casa di Ghassan e, come abbiamo visto, in base alla legge dinastica della rotazione la cosa non ha nulla di strano considerando che ogni discedente maschio dall’ultimo re Jabalah poteva legittimamente essere considerato un Principe e rivendicare il diritto al trono Ghassanide, o almeno concorrere legittimamente a diventare re. Oltre alla dinastia Focide o Nikeforiana dell’Impero bizantino, altri sovrani eredi dei Ghassanidi reali goverarono zone importanti del Medio Oriente e in Egitto. I sultani Rasulidi governarono dallo Yemen dal XIII al XV secolo. I sultani mamelucchi Burji in Egitto dal XIV al XVI secolo. Tuttavia, occorre ricordare che la legge dinastica della famiglia escludeva i matrimoni con donne di altre religioni, pertanto possiamo affermare che gli ultimi governanti a portare legittimamente i titoli di successori reali di Ghassan furono gli sceicchi cristiani Al-Chemor sul Monte Libano che governarono i piccoli sceiccati sovrani di Akoura (dal 1211 al 1641 d.C.) e Zgharta-Zwaiya (dal 1643 al 1747 d.C.).

Nel 1602, padre Ghodar, un sacerdote gesuita di Zgharta racconta:

“Zgharta rappresenta un orribile incubo per il suo nemico. La sua gioventù è vestita con abiti tradizionali; camicie bianche decorate con ricami gialli, pantaloni “sherwal” allacciati stretti insieme a stivali lunghi e sormontato da una fascia che riflette un enorme eroismo. Zgharta è un piccolo villaggio recintato e ha una fortezza accanto alla chiesa della Vergine Maria. Zgharta era una sorta di linea tracciata tra pericolo e culto, situata tra Tripoli e la montagna. Avrebbe ricevuto attacchi su attacchi, e risposto a questi, colpendo il cuore del loro nemico. La sua gente è da sempre riconosciuta come ottimi combattenti”

L’ultimo sceicco di Zgharta-Zwaiya fu Youssef El Chemor che fu assassinato il 14 marzo del 1748 dalla famiglia Al Daher per prendere possesso di quei territori. Con la sua morte si concluse il regno dei Chemor su Al Zawiya che fu consegnata ad Al Daher.

“Quattro fratelli della famiglia Chemor si trasferirono a Beit Habbak e da lì si diffusero: il primo andò a Baskinta ed era conosciuto con il nome Habika, un vezzeggiativo per il nome della famiglia Habbak. Il secondo si stabilì nella casa Habbak e diede origine alla famiglia Farjan. Gli ultimi due, Farahat e Gharios, si stabilirono nei sobborghi di Beirut, Farahat Chemor risiedeva ad Al Hadas, e il suo cognome divenne Farahat, Gharios diede origine all’omonima famiglia.”

P. 2236, Enciclopedia delle famiglie maronite, v.4, Notre Dame University

Il villaggio di Akoura è da sempre conosciuto per le famose catene montuose che lo circondano e lo proteggono. Queste montagne hanno offerto rifugio ai cittadini di Akoura durante le diverse guerre in Libano e nella regione. Gli abitanti sono conosciuti anche per il loro coraggio, ospitalità e intelligenza, studiano e lavorano in tutto il mondo. I cittadini locali lavorano, valorizzano e custodiscono le loro terre. Amano e proclamano il loro cristianesimo e svolgono tutt’oggi un ruolo importante in Libano attraverso la loro influenza politica e le loro relazioni internazionali.

I riferimenti e le fonti sui 500 anni di regno (1211-1747 d.C.) dei discendenti del re Jabla Abu Chemor nell’odierno Libano sono tutte in arabo, tuttavia la Casa Reale di Ghassan ha commissionato una traduzione legale giurata in inglese di estratti sensibili di una ricerca storico scientifica realizzata da un famoso storico maronita, Ignatious Tannos El-Khoury e riconosciuta dalla Repubblica Libanese fino ad oggi.

È importante notare che ci sono solo 2 (due) famiglie/tribù ancestrali in Medio Oriente con il nome “Chemor” o “Shummar” o “Shammar” (tutte sono traslitterazioni diverse dalla parola araba per la pianta del finocchio). Tuttavia una è una tribù musulmana beduina originariamente chiamata “Tayy” che iniziò ad adottare il nome “Shammar” o “Shammari” solo dopo il XIV secolo. Invece, il ramo in Libano è stato originato direttamente dalla famiglia reale Ghassanide dall’ultimo re del primo stato che era conosciuto come “Jabla Abu Chemor”. È documentato che questa famiglia usa il nome “Chemor” da secoli prima dei Tayy.

l’Enciclopedia Maronita afferma anche che la famiglia El Chemor e la famiglia El Shammar dell’Arabia Saudita sono la stessa cosa. Il modo di scrivere il cognome in arabo è identico e non ci sono assolutamente altre famiglie con questo nome in tutto il mondo arabo.

“Alcuni di loro [famiglia Chemor/Shammar] emigrarono nel nord della penisola arabica e fondarono nell’anno 905 d.C. la capitale dell’Emirato di Shammar che include la quasi totalità dell’attuale Regno Saudita. L’Emirato si estinse solo recentemente con l’acquisizione da parte del re Abdul-Aziz Al Saud di tutte le parti della regione il 2 Novembre del 1921 e l’annuncio dell’istituzione del Regno dell’Arabia Saudita il 23 Settembre 1932 …”

p . 2236, Enciclopedia delle famiglie maronite, v.4, Notre Dame University

Dunque, i libanesi El Chemors sono cugini degli emiri di Jabal Shammar (1836-1921 d.C.) la cui famiglia ha governato praticamente quasi tutta la penisola arabica. Mentre la famiglia cristiana ha governato tutto il Levante (oggi Siria, Giordania, parte dell’Iraq e Libano), la famiglia musulmana ha governato la maggior parte dell’odierna Arabia Saudita, Yemen e Iraq. E’ importante notare che la famiglia El Chemor del Libano (gli eredi di tutti i titoli cristiani) non rivendica i titoli musulmani e, viceversa, la Famiglia Al-Shammar non rivendica i titoli cristiani poiché, essendo musulmana, rispetta il divieto di Legge di Successione Ghassanide che vieta di sposare non cristiani. (Vedi Yasmine Zahran, “Ghassan Resurrected”, p. 150).