In questa pagina abbiamo voluto raccogliere alcune risposte alle frequenti domande che ci vengono poste.

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Questa domanda non può avere una risposta semplice.

Come per tutti gli Ordini Cavallereschi non basta, e a volte è persino inutile, fare domanda di ammissione. Chi intende far parte dell'Ordine è una persona che crede negli ideali cavallereschi, in quella cavalleria antichissima i cui ideali e valori mostrati "sul campo" vennero poi sublimati nelle "norme" scritte della  cavalleria cristiana.

Devi chiederti se, come membro dell’Ordine Equestre di Michele Arcangelo, in obbedienza al Gran Maestro, hai davvero intenzione di impegnarti a vivere la tua vita in modo fedele al codice cavalleresco antico e moderno.

Se questa è davvero la tua aspirazione, allora contattaci. Saremo lieti di iniziare un percorso di conoscenza personale che consentirà all'Ordine di conoscerti meglio e a te di conoscere bene l'Ordine, come opera e cosa fa, come si comportano i suoi membri.

Se poi deciderai di confermare il tuo desiderio di far parte di questa grande "famiglia" e di impegnarti con noi nell'opera che conduciamo, saremo bel lieti di accoglierti.

A questa domanda non può esserci una risposta diretta, l'espressione semplice di una cifra.

Certamente esiste una donazione di ingresso suggerita e poi una quota annuale come per tutti gli Ordini. Tali somme sono destinate al sostegno delle opere dell'Ordine e della Casa Reale di Ghassan e non le consideriamo un "costo".

Ciò che doniamo rappresenta il nostro impegno personale, economico ma anche pratico, per la promozione dei valori in cui crediamo e il denaro è solo uno strumento, insieme al nostro tempo, per raggiungere quegli obiettivi. Ma più di tutto la nostra è una "battaglia" di migliormento personale. Persino le nostre opere, in fondo, hanno sì lo scopo di migliorare la vita del nostro prossimo, ma hanno soprattutto l'obiettivo di migliorare noi stessi, attraverso il nostro sacrificio, le nostre rinuncie, noi cerchiamo di essere sempre più aderenti ai valori che professiamo.

La medaglia che portiamo non è una "decorazione" che ci porta onore, noi con la nostra vita e la nostra opera diamo onore alle insegne dell'Ordine e portiamo quella medaglia con orgoglio, affinche sia visibile che la nostra opera non è per nostro vanto, ma per la gloria dell'Ordine.

Prima di tutto è bene ribadire che non esiste uno specifico codice di diritto internazionale, tuttavia la giurisprudenza riconosce l'esistenza di “governi in esilio” dei monarchi deposti come ereditari dello “jus sanguinis” (legge del sangue) “ad aeternum” e “ad perpetuam”.

In altre parole, finché “c'è sangue” (ovvero una discendenza legittima) il titolo è per sempre, a meno che tutti i legittimi eredi non abdichino espressamente ai loro diritti. E l'abdicazione deve essere fatta con uno strumento legale espresso senza alcun vizio, quali l'ignoranza attraverso l'inganno, o peggio la frode, o l'influenza indebita, la costrizione, la minaccia o qualche altro mezzo teso a “forzare” in modo fraudolento l’abdicazione. Solo in quel caso tutti i diritti vengono persi.

“Ius Imperii” – il diritto di comandare e governare un territorio;

“Ius Gladii” – il diritto di imporre l'obbedienza attraverso il comando e anche il controllo degli eserciti;

“Ius Majestatis” – il diritto di essere onorato e rispettato secondo il proprio titolo;

“Ius Conferendi” o “Ius Honorum” – il diritto di conferire titoli in base al merito e alla virtù.

Solo il Capo della Casa Sovrana può fare una cosa del genere.

Se un titolo o un cavalierato è stato concesso dalla Casa di Borbone, ad esempio, solo l'attuale Capo della Casa di Borbone può decidere in ultima analisi se il titolo o il cavalierato è valido o meno. Tutti i titoli e le onorificenze appartengono alla Casata che li ha concessi. Fanno parte del patrimonio immateriale di quella Casa e quindi solo quella Casa può deciderne la validità.

Naturalmente, nelle monarchie regnanti, ci sono tribunali speciali per pronunciarsi su tali reclami, ma quei tribunali decidono in base all'autorità concessa dalla Casa Sovrana che ha conferito i titoli.

Questo è un problema irrisolto. Infatti non esiste un tribunali competente a pronunciarsi su reclami o diatribe.

Nel caso di monarchie deposte, non possiamo aspettarci che gli attuali tribunali repubblicani siano equi a pronunciarsi sulle questioni dei regni passati, per ovvi motivi di conflitto di interesse. Sarebbe come avere per arbitro un giocatore della squadra avversaria.

Il più vicino a un tribunale competente per pronunciarsi su tali reclami sarebbe la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, tuttavia, i suoi statuti del 1945 sono molto chiari: Capitolo II, Articolo 34 sulle competenza della Corte: Solo gli Stati possono essere parti dinanzi alla Corte.

Quindi, a priori, nessuna rivendicazione personale può essere esaminata o giudicata dalla Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite.

La sovranità del monarca deposto non dipende dal territorio, dal popolo, dalla politica, ecc.

Esistono “due tipi” di sovranità relative a “Ius Imperii” e “Ius Gladii” – uno chiamato “de facto” (di fatto) e l'altro “de jure” (di diritto). Entrambi devono essere legati a un territorio e ad un popolo (in altre parole, uno Stato). Si può, infatti, governare con la politica o anche con la forza militare solo un territorio definito, una comunità, un popolo. In assenza di queste condizioni, lo “Ius Imperii” e “Ius Gladii” decadono.

Una “terza sovranità” è relativa agli altri due diritti “Ius Majestatis” e “Ius Honorum”, ed è relativa ad una dinastia e ad una famiglia e non è dipendente da uno Stato. Finchè esiste quella dinastia, al Capo d'Onore e d'Arme spettano lo “Ius Majestatis” e lo “Ius Honorum”.

I tribunali ordinari possono analizzare i reclami relativi a "Ius Majestatis" e "Ius Honorum" poiché la loro esistenza rientra nella categoria di "eredità immateriale". Tuttavia, tali tribunali non possono pronunciarsi su “Ius Imperii” e “Ius Gladii”, soprattutto se tali tribunali hanno sede su un territorio precedentemente governato dalla famiglia sovrana in questione, poiché ciò ricadrebbe sul suddetto caso di diritti contrastanti. Ma anche su "Ius Majestatis" e "Ius Honorum" permane il rischio di conflitto d'interesse.

La risposta a questa domanda è No.

Ma prima di spiegare perché, ci teniamo a precisare che riteniamo che molte di quelle “commissioni” che lavorano e cercano di dare ordine in questa materia siano spinte da ottime intenzioni e vi partecipino membri molto seri e assolutamente rispettabili. Noi plaudiamo all'iniziativa di queste che quelle commissioni che, attraverso il loro lavoro, cercano di portare più etica e cultura nel mondo degli ordini cavallereschi.

Tuttavia occorre essere chiari sul fatto che non esiste una cosiddetta organizzazione legale "ufficiale" per riconoscere rivendicazioni reali o nobiliari. Tutte le “commissioni” sono mere associazioni indipendenti prive di autorità legale.

Ancora una volta, il diritto internazionale riconosce l'idea di un "governo in esilio" ma non codifica alcun tipo di regole chiare per la sua esistenza. Quindi, nessuno può dire con assoluta autorità che questa o quella affermazione sia pertinente o meno.

Secondo il diritto internazionale, per accreditare una pretesa, i governi, i sovrani regnanti e i capi delle chiese tradizionali “possono” riconoscerle un valore. Ma allo stesso modo, il mancato riconoscimento non significa, necessariamente, che tale pretesa sia illegittima ma semplicemente che non trova sostegno. Gli studiosi possono essere la fonte di valutazione più affidabile, ma anche loro difficilmente possono affermare qualcosa di decisivo.

Poi vi sono alcune commissioni che cercano di convincere gli ingenui che possono riconoscere o accreditare titoli nobiliari o provenienti da ordini cavallereschi, ma ciò, come abbiamo visto, è del tutto privo di ogni fondamento.

Ebbene, qualsiasi organizzazione privata ha il diritto di creare qualsiasi criterio ritenga valido poiché il loro riconoscimento non ha valore legale, è una mera opinione. Tuttavia, se indaghiamo sull'effettivo senso giuridico e logico di tali criteri, cadiamo in alcune antinomie e contraddizioni che devono essere tenute presenti a cui le commissioni suddette dovrebbero porvi rimedio.

Questa domanda contiene un'evidente contraddizione.

Infatti, se possono “stabilire, a loro piacimento, le loro regole particolari” non si può affermare che “solo i gradi superiori possono essere considerati di rango cavalleresco”. Non solo è contraddittorio ma è una diretta ingerenza nella sovranità di uno Stato indipendente.

Immaginiamo che il Parlamento di una Repubblica proponga una legge che crei un nuovo ordine cavalleresco e che tutti i ranghi di questo siano riconosciuti cavallereschi. La legge viene approvata dal Parlamento e firmata dal Capo dello Stato per la definitiva approvazione.

Il Capo dello Stato è l'incarnazione giuridica della “Fons Honorum”. Firmando la legge, “ipso facto” quell'ordine esiste legalmente secondo il diritto internazionale, e nessuna “commissione” al mondo può negarlo, così come non può negare il rango di Cavaliere a nessuno dei suoi membri!

Immaginiamo, inoltre, che la stesse legge stabilisca che a conferire i gradi siano i sindaci delle città di quel Paese. Quando il Capo dello Stato approva la legge, egli concede lo “Jus Conferendi” ai sindaci e il conferimento è, ovviamente, legalmente valido. È lo stesso nel caso del sovrano che delega ad un principe il riconoscimento del conferimento di un cavalierato. Il conferimento è del sovrano, e proprio per questo egli può delegare chi vuole.

No, e non potrebbe essere diversamente. Questo malinteso nasce da uno di quei criteri stabiliti da commissioni che purtroppo, pur con l'intento di dare ordine ad una situazione indubbiamente complessa, entra in una palese contraddizione.

Il criterio in questione indica che "Gli Ordini Dinastici (o Familiari) che appartengono jure sanguinis ad una Casa Sovrana (cioè a quelle Case regnanti o ex regnanti il cui rango sovrano fu internazionalmente riconosciuto al tempo del Congresso di Vienna del 1814 o successivamente) conservano la loro piena validità storica cavalleresca, nobiliare e sociale, nonostante tutti i mutamenti politici. È quindi considerato ultra vires di qualsiasi Stato repubblicano interferire, con la legislazione o la pratica amministrativa, con la famiglia dinastica principesca o con gli ordini della casa. Il fatto che non vengano riconosciuti ufficialmente dal nuovo governo non pregiudica la loro validità tradizionale o il loro status accettato nei circoli araldici, cavallereschi e nobiliari internazionali”

Quanto sopra sarebbe aassolutamente ineccepibile se non fosse per la “definizione” che si assegna all’inizio al termine “Casa Sovrana”. E perché mai le considerazioni di validità storica, nobiliare e sociale di una Casa Sovrana dovrebbero essere applicate solo ed esclusivamente alle casate europee riconosciute al Congresso di Vienna? Tale ristretta visione non ha assolutamente alcun fondamento su alcun principio di diritto internazionale mai scritto.

Secondo l'ex presidente della Corte Suprema di Cassazione italiana (la più alta corte in Italia) il Professor Dottor Renato de Francesco nel 1959:

“… È semplicemente ridicola, dal punto di vista giuridico, la distinzione che si intende fare delle Dinastie che hanno regnato fino a poco tempo fa da quelle che hanno governato in un lontano passato. Non si capisce come ci si possano calpestare numerose pagine di storia, solo per dare lustro a questa o quella famiglia, che, aiutata dalla fortuna, sia riuscita a rimanere sul trono, dopo l'anno 1815. Una dinastia o regnava o non regnava. Se regnò, anche in un tempo molto remoto, merita il trattamento storico e giuridico e tutti i suoi effetti tanto quanto una dinastia che regnava nel 1815.

Scrive infatti il Prof. V. Powell-Smith (“The Criteria for Assessing the Validity of Chivalry” in “Nobilitas“, Malta, 1970):

“… Non c'è alcun motivo valido, legale o di altro tipo, per limitare lo status sovrano in questo modo facendo riferimento al 1814 o a qualsiasi altra data. Il Congresso di Vienna si limitò a influenzare l'insediamento delle dinastie nell'Europa dopo le guerre napoleoniche, e niente di più. Ci sono stati cambiamenti nella struttura politica dell'Europa dal 1814 (così come ve ne furono prima) come, ad esempio, l'istituzione dei regni balcanici e l'unità d'Italia. I sovrani di quei regni che cessarono di esistere prima del Congresso di Vienna agirono come “fons honorum” durante i loro regni e continueranno ad esercitare i diritti sovrani in seguito. Lo scopo del Congresso di Vienna era quello di riorganizzare i confini territoriali degli stati europei. Alcuni stati, la cui esistenza era stata effettivamente interrotta dall'insediamento napoleonico, non furono ristabiliti ma integrati in unità più grandi, i principi sovrani accettarono volentieri un tale accordo che conservava i loro diritti di principi ma toglieva i loro precedenti diritti territoriali. I diritti di fons honorum non rappresentati o discussi al Congresso (perché non avevano interesse alle sue decisioni che riguardavano aggiustamenti territoriali de facto) non potevano essere intaccati da quanto deciso al Congresso o da successive argomentazioni “ex silentio” sulla questione."

I Medici non sedevano al Congresso di Vienna, c’è qualcuno che voglia seriamente affermare che non abbiamo “fons honorum”? E i principi Massimo? Oppure le precedenti dinastie imperiali del Giappone? Se esistesse un diretto discendente di Montezuma, egli avrebbe forse perduto il titolo di Altezza Reale come ex sovrano azteco?

Questa è un'altra antinomia giuridica. Si può accettare che gli eredi dei sovrani deposti ereditino la “Fons Honorum”, oppure no. Ma non si può affermare che un legittimo erede di un monarca deposto non abbia il potere di creare nuovi ordini cavallereschi o di merito.

Il principe pretendente avrebbe solo il diritto di mantenere gli ordini creati dall'antenato durante il governo? Ma ciò crea un paradosso legale poiché questo processo non è creato "per magia", i diritti sovrani di "Jus Majestatis" e "Jus Conferendi" ("Fons Honorum") sono passati al legittimo erede di sangue ("Jus Sanguinis"). Questi diritti non dipendono da uno Stato (come invece lo “Jus Imperii” e lo “Jus Gladii”) e per questo continuano con gli eredi legittimi.

Se “magicamente” gli ordini validi fossero solo quelli creati mentre si era al potere, la sovranità e la “Fons Honorum” risiederebbero sulla persona giuridica e non sul sangue sovrano! È come se un tuo antenato ti lasciasse una casa in eredità e qualcuno senza autorità legale ti dicesse che puoi vivere lì solo dal lunedì al giovedì.

O il “Fons Honorum” passa per diritto di sangue oppure no! Se sì, il legittimo erede o principe pretendente di una dinastia deposta esercita il suo “Fons Honorum” ogni volta che viene investito un cavaliere. Ciò non ha nulla a che fare, legalmente, con la data in cui l'ordine è stato creato e se è stato creato durante il regno o meno!

Secondo il defunto Professor Dr. W. Baroni Santos, Doctor D'état (post-dottorato/abilitazione) dell'Università di Reims in Francia nel suo libro "Treaty of Heraldry and Nobility Law" Volume II, a pagina 52 ha scritto:

“Né il decorso del tempo, anche secolare, né il mancato uso degli atti di sovranità esercitati dal Principe Pretendente, Capo di Nome e d'Armi della sua casa, possono essere derogati, prescritti o annullati. Egli conserva questi diritti fino alla fine dei tempi 'ad perpetuam rex tenendam' che sono inseriti nella persona del Principe Pretendente.”

Tali principi sono confermati dalle opinioni di noti giuristi, come il Dott. Ercole Tanturri, già Primo Presidente della Corte di Cassazione, a cui si è affiancato il Prof. Leonardo Puglionisi, Docente di diritto canonico presso la Università degli Studi di Roma, e il Dott. Raimondo Jannitti-Piromallo, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione (Gazzetta di Araldica e Genealogia n. 7-12 dic. 1954) che scrive anche:

“La sovranità è una qualità perpetua, indelebilmente connessa e legata, nei secoli a tutta la discendenza di colui che per primo la conquistò o la rivendicò, e si compie nella persona fisica del Capo di Nome e d'Armi della dinastia, indipendente da ogni altra considerazione o indagine di natura politica, giuridica, morale o sociale che si possa fare su di lui, e che, come la storia insegna, non possa incidere sulla sua qualità sovrana”.

Ecco un estratto dal libro “Studies on Nobility Law” (Estudos sobre Direito Nobiliário), del Dott. Mario Silvestre de Meroe, pag. 65:

“Vale anche ricordare che le famiglie principesche, con gli attributi sovrani, non richiedono alcun riconoscimento da parte del governo del loro paese di origine, né presentano alcuna registrazione nei paesi in cui i suoi membri stabiliscono la residenza. L'indipendenza dinastica e politica si fonda sulla Sovranità stessa, che guida la loro esistenza sociale e prescindendo da ogni riconoscimento giuridico, rispetto agli affari dinastici e privati. “

Scrive il professor Emilio Furno, avvocato in Cassazione, in “La legittimità degli ordinamenti non nazionali”, Rivista Penale, n. 1, gennaio 1961, pp. 46-70:

“Le qualità che rendono un deposto sovrano soggetto di diritto internazionale sono innegabili e costituiscono di fatto un diritto personale assoluto di cui il soggetto non può mai spogliarsi e che non necessita di ratifica o riconoscimento da parte di alcuna altra autorità. Un sovrano regnante o un capo di Stato può utilizzare il termine riconoscimento per dimostrare l'esistenza di tale diritto, ma il termine sarebbe una mera dichiarazione e non un atto costitutivo. (Furno, op.cit.)

“Un esempio notevole di questo principio è quello della Repubblica Popolare Cinese che per lungo tempo non è stata riconosciuta e quindi non ammessa alle Nazioni Unite, ma che ha continuato comunque ad esercitare le sue funzioni di Stato sovrano attraverso i suoi organi”. (Furno, op.cit.)

Per quanto sopra, pertanto, il legittimo pretendente è depositatrio della Fons Honorum e come tale può creare o cancellare ordini cavallereschi esattamente come può creare cavalieri e nobili.

Assolutamente sì. Per il diritto internazionale vige il principio di uguaglianza sovrana tra monarchie e repubbliche, Stati grandi e piccoli. Sebbene in pratica i paesi più potenti abbiano più influenza sulla scena internazionale, legalmente sono tutti uguali.

Ritenendo che un Stato che non ha Ordini cavallereschi o di merito nel suo ordinamento non abbia tale diritto significherebbe irrompere in modo indebito nella sovranità di quello Stato.

Ogni Stato indipendente ha il diritto di creare propri Ordini o Decorazioni di Merito e di stabilirne, a piacimento, le regole particolari. 

Lo “status” internazionale di un Ordine cavalleresco riposa, infatti, sui diritti di fons honorum, che appartengono all'Autorità dalla quale tale Ordine è concesso, protetto o riconosciuto.

Anche se una particolare sovranità “ha rinunciato all'esercizio della giurisdizione araldica” essa può perfettamente e legittimamente, sia creando un nuovo ordinamento sia riconoscendone un altro, “ipso facto” ripristinare la giurisdizione araldica, a meno che non sia specificamente ed espressamente vietato dalla costituzione del Paese.

Se uno Stato sovrano ha il potere di recedere dai trattati internazionali senza bisogno di un valido motivo (cfr. Russia recentemente ritirata dal TNP – Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968) l'impossibilità del ripristino della giurisdizione araldica – la prerogativa di uno Stato integrale essendo una questione interna – è un completo assurdo!

Da tutto quanto sopra, possiamo concludere che, se siamo d'accordo sul fatto che lo "Jus Conferendi" ("Fons Honorum") è trasmesso dal sangue ("Jus Sanguinis") non c'è alcun motivo valido nel diritto internazionale per limitare in alcun modo modo o forma i suoi poteri senza violare gravemente i diritti "De Jure" di una dinastia deposta.

Come abbiamo già detto, sfortunatamente non esiste una procedura legale standard per il riconoscimento delle famiglie reali non regnanti/deposte. Sebbene secondo l’accettata giurisprudenza gli ex sovrani e i loro eredi siano considerati soggetti di diritto internazionale, non esiste alcuna forma nell'ordinamento giuridico interno di un paese per “differenziare” con chiarezza il loro status, salvo specifica indicazione contraria. Il che è estremamente raro soprattutto nelle repubbliche che hanno voluto “sbarazzarsi” dei propri monarchi.

Pertanto, le uniche possibili vie legali nazionali di riconoscimento sono cause specifiche di fronte alle Corti relative ai diritti di eredità immateriale dei titoli, sebbene molti mettano in discussione l'effettiva competenza/giurisdizione di quei tribunali, solitamente stranieri per le ragioni di conflitto d’interesse che abbiamo visto, che si pronunciano su quei diritti.

Un'altra opzione legale è “l'incorporazione” della Casa Reale come persona giuridica: una ONG, una fondazione o qualcosa di simile affermando che l'organizzazione rappresenta quella famiglia e dinastia con tutti gli obiettivi e le finalità come la conservazione della cultura, della lingua, dei costumi, ecc. Di solito, l'organizzazione è registrata come no profit e dedica le sue attività anche al finanziamento e alla gestione di progetti a beneficio delle persone che vivono nei territori precedentemente governati dagli antenati di quella famiglia reale.

Un famoso esempio è l'Associazione Famiglia Romanov fondata dagli eredi viventi della Famiglia Imperiale Russa nel 1979 e incorporata in Svizzera. http://www.romanovfamily.org

Un altro esempio è il Consiglio della Corona d'Etiopia che è stato formato dagli eredi viventi di Sua Maestà l'Imperatore Haile Selassie I, l'ultimo sovrano dell'Etiopia, deposto con un colpo di stato nel 1974. L'organizzazione ha sede a Washington DC, negli Stati Uniti. https://ethiopiancrown.org

Un altro modo è quello di incorporare legalmente gli ordini al merito o cavallereschi che fanno parte del patrimonio di quella famiglia reale, indicando chiaramente il collegamento e l'affiliazione a quella dinastia. Gli Ordini di solito si dedicano a progetti di beneficenza. Conferire gli ordini e le onorificenze della dinastia oltre alle opere di beneficenza a favore delle popolazioni residenti nei territori precedentemente governati è sicuramente un modo per “esistere” nell'ordinamento giuridico interno.

Esempi di ordini/enti umanitari incorporati come ONG sono quelli delle Case Reali di:

Italia: https://ordinidinasticicasasavoia.it/

Portogallo https://casarealportuguesa.org/

Francia: https://comtedeparis.com/

Per quanto riguarda la Casa Reale di Ghassan, questa ha ottenuto il riconoscimento legale in ogni possibile modo disponibile. La dinastia Ghassanide è probabilmente una delle case reali non regnanti più legalmente riconosciute al mondo.

Come già spiegato, sfortunatamente non esiste una procedura legale standard per il riconoscimento delle famiglie reali non regnanti/deposte.

Pur dimostrando fino allo sfinimento la legittimità e il riconoscimento della Casa Reale di Ghassan ed essendo spudoratamente discriminata e attaccata in Occidente per essere araba, la Famiglia Reale Ghassanide è sempre aperta a chiarire ogni possibile malinteso con coloro che intendono confrontarsi e conoscere senza pregiudizi o posizioni di pretesa “superiorità”.

La Casa Reale di Ghassan ha ottenuto importanti riconoscimenti che ne tutelano il nome ed i diritti e che sono garanzia indiscussa anche nei confronti di chi si avvicina alla nostra storia. Il grado di riconoscimento della Casa Reale di Ghassan è inconfutabile e incontestabile. Come sempre, le persone male informate e/o malintenzionate vogliono sminuire e disprezzare il riconoscimento senza precedenti menzionato in questo articolo. Ad esempio, criticando il riconoscimento del governo libanese o delle Nazioni Unite come “solo un riconoscimento come ONG”. Come spiegato qui, non esiste altra via legale disponibile.

Lo stesso nostro frequente precisare la questione ci viene da alcuni rinfacciato come un segno della debolezza delle nostre affermazioni. Ciò è ridicolo e offensivo e rappresenta, detto in modo franco e diretto, la cattiveria gratuita di chi cerca di far passare l’idea che le urla di un torturato anziché il segno evidente della violenza che subisce come vittima siano il segno che merita le torture che riceve!

Noi possiamo solo dar conto dei fatti, non possiamo imporli a nessuno che voglia fare finta di non vedere.  E i fatti sono i seguenti:

Il riconoscimento principale e più importante, che da solo è ampiamente sufficiente a dare tutte le garanzie necessarie a chicchessia, è il riconoscimento del Governo e dello Stato Libanese. Non dimentichiamo che la maggior parte delle Case Reali occidentali NON vengono riconosciute come tali dagli Stati Repubblicani che si sono insediati al loro posto per ragioni fin troppo ovvie (ad esempio Casa Savoia).

La Casa Imperiale e Reale di Ghassan, dopo tre lunghi anni di un iter burocratico, nel 2019 è stata ufficialmente riconosciuta dal Libano con due documenti: il decreto del Ministero dell'Interno e quello del Presidente della Repubblica. Questi confermano che la Casa Imperiale e Reale di Ghassan è pienamente riconosciuta con il consenso del Consiglio dei Ministri e viene concesso il permesso di operare direttamente in Libano, con una rappresentanza sul territorio.

Anche se la storia della famiglia El Chemor/Gharios non è stata molto ben documentata nei libri di storia e nelle enciclopedie, ciò che è e che rappresenta la Casa Reale di Ghassan è ben noto pubblicamente in Libano!

Sono stati richiesti rapporti ufficiali del Ministero degli Affari Esteri e della “Direzione Generale della Sicurezza” (servizi di intelligence) che sono stati vagliati del Capo dello Stato, del Primo Ministro e dal Consiglio dei Ministri per ottenere questo riconoscimento.

È facile comprendere come il Primo Ministro e il Presidente, il Governo tutto della Repubblica Libanese fossero e siano ben consapevoli di ciò che è e che rappresenta la Casa Reale di Ghassan.

Il fatto che la Repubblica Libanese riconosca il titolo di Sceicco Reale sul decreto ufficiale del governo che lo riconosce come capo del ramo libanese e che il Presidente Aoun abbia ricevuto e riconosciuto ufficialmente la Casa Reale di Ghassan e l'Ordine Equestre di Michele Arcangelo ci rafforza nei nostri sforzi per mantenere viva la tradizione e la storia della nostra Casata e del nostro Popolo.

Per coloro che fossero maggiormente e morbosamente “curiosi”, possiamo aggiungere alcuni tra i molti altri riconoscimenti ufficili ricevuti, quali:

  • Il Lodo Arbitrale Internazionale N. 0413/2011

In Brasile, dopo l'avvento della Legge Federale numero 9307 del 1996, tutti i Lodi Arbitrali hanno lo stesso valore di una Sentenza del Tribunale, indipendentemente dall'approvazione di qualsiasi tipo dell'ordinamento Giuridico. Inoltre, secondo la legge federale, il lodo ottiene lo stato di "res judicata" (materia già giudicata e non suscettibile di appello) entro novanta giorni dalla notifica del lodo se non vi sono obiezioni (si vedano gli art.li 18, 31 e 33 http://www.planalto.gov.br).

In base alla Convenzione di New York, sottoscritta dal Brasile nel 2002, tutti gli stati firmatari riconoscono le sentenze ed i lodi arbitrali pronunciati da ciascuno degli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione (172 Stati hanno sottoscritto la Convenzione, 169 membri delle Nazioni Unite più le Isole Cook, la Santa Sede, e lo Stato di Palestina).

  • Corte Superiore di Los Angeles BS-135337 & BS-159726

il Principe Gharios ha presentato la sentenza brasiliana alla Corte Superiore di Los Angeles al fine di inserire nei propri documenti i titoli di “el Chemor” e “Al Numan”. Le petizioni sono state accolte dall'On. giudice Matthew C. St. George il 24 febbraio 2012 e dall'on. Giudice Mark Borenstein il 15 marzo 2016.

Si potrebbe obiettare che si tratta “solo” di un cambio di nome, tuttavia, una volta citata a fondamento del ricorso un'altra sentenza di un Tribunale, la concessione emessa dai Giudici americani, per l’Ordinamento USA, rappresenta il riconoscimento e l’esecuzione di quella sentenza. Inoltre, secondo la legge USA sul cambio di nome: "I tribunali negheranno le petizioni in cui esistono prove che il firmatario desidera il nome per scopi fraudolenti o per interferire con i diritti degli altri". (57 UCLA Law Review 313 (2009) pag. 313). “Allo stesso modo, i tribunali mostrano preoccupazione per i membri del pubblico nei casi in cui i nomi richiesti hanno il potenziale per confondere o fuorviare, anche in assenza di intenti nefasti.”

Quanto sopra è confermato in diverse sentenze che hanno respinto l’istanza del proponente. Ad esempio la Corte Superiore di New York ha respinto la richiesta di un uomo di cambiare il suo nome in Capo Piankhi Akinbaloye.  Così come sempre la Corte di New York ha negato la petizione di aggiunta del "von" nel nome del richiedente in quanto “molti tedeschi con "von" sono di nobili origini e, seppure il richiedente non cita questo elemento nella richiesta, la Corte non può ammettere l’istanza in quanto potrebbe generare confusione o essere fuorviante”.

Il Principe Gharios ha presentato l’istanza chiarendo esattamente lo scopo della richiesta tesa a far riconoscere i titoli della Sua Augusta Famiglia, cosa che sia la Corte Brasiliana che la Corte Americana hanno ricosciuto con sentenze che, in base alla Convenzione di New York, hanno validità internazionale. Naturalmente, la decisione riguarda solo la titolarità dei diritti onorifici sui titoli (eredità immateriale), poiché per quanto riguarda i diritti sovrani, non esiste oggi un tribunale con tale giurisdizione.

  • Status Consultivo Speciale alle Nazione Unite

Come affermato in precedenza, una famiglia reale non regnante non esiste legalmente come entità a meno che non sia costituita come ONG. Nel 2011, la Royal House of Ghassan ha presentato una petizione per aderire alle Nazioni Unite. Ma l'unica via legale possibile era quella di una ONG.

Il Comitato è composto da 52 (cinquantadue) Stati membri che analizzano ogni singolo aspetto di qualsiasi organizzazione proponente quali lo statuto (ovviamente) e tutto ciò che l'organizzazione rappresenta, persegue, conduce e ha condotto, oltre ai documenti finanziari, ecc. Basterebbe molto meno, una semplice ricerca su Google del termine "Royal House of Ghassan", per “scoprire” cosa sia la "Casa Sovrana Imperiale e Reale di Ghassan”.